MANGIA, I CERCHI NERI E UN TERRITORIO RICCO DI BIODIVERSITA'

 MANGIA, I CERCHI NERI E UN TERRITORIO RICCO DI BIODIVERSITA’

Mangia, piccolo borgo in Comune di Sesta Godano, isolato sulle pendici di una collina che guarda il torrente omonimo, può a giusta ragione definirsi il paese invisibile, chiuso all’interno di un’ampia e silenziosa valle compresa fra la Sesta e Zignago, piena di fascino e al tempo stesso di mistero.
La nascita del paese è fatta risalire a un ramo della antica famiglia dei Cerchi esiliata dal Comune di Firenze a seguito delle cruente lotte fra Guelfi bianchi e Guelfi neri che insanguinarono a lungo la città sul finire del Trecento. La fazione dei Cerchi, appartenente ai Guelfi bianchi, che non aveva voluto arrendersi alle condizioni umilianti imposte dal Comune, emigrò dapprima a Sarzana e da qui si spostò in Lunigiana dove un gruppo, risalita la montagna, discese in Val di Vara per fermarsi a Mangia. La scelta di una località a quel tempo isolata ancorchè collegata nel Medioevo al passo del San Nicolao da un lato ed a Brugnato dall’altro, come testimonia ancor oggi la rete sentieristica, fu non casuale ma dettata dalla necessità di trovare una zona appartata lontano da ogni controllo. A Mangia il cognome Cerchi è ancora largamente diffuso con significative presenze anche nello Zignago e ad Airola oltre che a La Spezia, Genova e Roma. Di questa illustre famiglia poco rimane a Firenze a parte il grande palazzo nel centro storico appartenuto ad un ramo del casato rimasto in città anche dopo il Trecento.
La storia dei Cerchi ci riporta all’esilio di Dante che lo condurrà infine a Ravenna dopo aver peregrinato per mezza Italia. Il poeta, animato dalla convinta idea di un ruolo di Firenze autonomo rispetto al papato, aveva aderito alla fazione dei Guelfi bianchi capitanata da Vieri de’ Cerchi in competizione con l’altra fazione dei Guelfi neri guidati da Corso Donati, sostenuto dalla oligarchia cittadina fedelissima del papa, uomo determinato e senza scrupoli. I ripetuti scontri fra i due gruppi, alimentati da una forte rivalità e da interessi economici, costrinsero il Comune di Firenze a prendere provvedimenti drastici nei riguardi delle fazioni in lotta. Nel 1299, a seguito dell’abbandono forzato di Firenze da parte di Corso, Vieri ebbe la grande occasione per assumere il controllo della città favorendo così la ulteriore crescita della sua parte politica. Convocato a Roma da papa Bonifacio VIII che voleva riconciliare i Cerchi con i Donati, Vieri si rifiutò categoricamente di aderire alla richiesta del pontefice mantenendo un comportamento ambiguo che fu fortemente stigmatizzato da Dino Compagni, letterato stimato in città e molto attivo nella vita pubblica, che aveva con Dante sposato la causa della fazione dei Guelfi bianchi trovandola inizialmente moderata. Corso Donati, rientrato a Firenze al seguito di Carlo di Valois, inviato dal papa per riportare l’ordine, contribuisce concretamente alla cacciata dei Cerchi più ostili al papa. La complessa vicenda determinò la esclusione della fazione più facinorosa dei Cerchi, i Neri, ai quali non fu concessa l’amnistia contrariamente ai Cerchi Bianchi, rientrati a Firenze nel 1303. Anche figure di spicco della vita politica fiorentina come Dante, conosciuto per le sue posizioni moderate ma inviso ai Donati, furono coinvolte nell’epurazione. Il 1302 segna la conclusione di una epopea e la fine della speranza accarezzata dal sommo poeta e da Compagni convinti assertori di un nuovo e autonomo ruolo di Firenze. Il poeta dedica poco spazio ai Cerchi nel Canto XVI del Paradiso limitandosi a citare la loro provenienza dal contado di Acone, vicino a Pontassieve, già possesso dei conti Guidi, quasi a significarne le scarse doti politiche e l’ambiguità di Vieri, ritenuto il responsabile principale della sconfitta. Da quel momento inizia la decadenza dei Cerchi con numerosi rami del casato che finiscono per prendere le distanze da posizioni estreme: il tempo dei commerci e delle attività finanziarie legate alla potentissima banca di famiglia è comunque lontano. Vieri, ritenuto il responsabile della disfatta, esce definitivamente di scena e ripara nella vicina Arezzo dove morirà alcuni anni più tardi. Per parte sua Dante, condannato nel 1302 al rogo con false accuse e costretto all’esilio fino alla morte avvenuta nel 1321, esprime il suo pensiero attraverso versi che suonano di definitivo distacco dai Guelfi bianchi “… nova fellonia scese dal piovier d’Acone a rovina della città”. A Firenze gli antichi potentati, rimasti tranquillamente al loro posto dopo la bufera passeggera, avevano capito che più che da Vieri de’ Cerchi bisognava guardarsi da Dante Alighieri, fine politico e uomo di grande intelligenza come la storia si incaricherà di insegnarci! Il poeta pagherà più di tutti con l’esilio il suo impegno civico finendo i suoi giorni a Ravenna.
Cosa è rimasto a Mangia di quelle vicende lontane? Sicuramente il ricordo della nobile famiglia Cerchi, venuta dal contado fiorentino. Ancora oggi il bel mulino quattrocentesco presente in paese con la sua struttura possente ci ricorda gli esuli e il loro lungo viaggio fra Toscana e Liguria. Il borgo, per quanto minuscolo, è ricco di un fascino discreto e merita di per se stesso una visita attenta. Da segnalare la seicentesca chiesa di S.Anna e i lunghi archi voltati che costituiscono da soli una attrazione davvero singolare.
Zona di produzione del rinomato fagiolo borlotto di Mangia, varietà di legume rampicante di colore rosso che cresce su lunghe pertiche, inserito nell’Atlante regionale dei prodotti tradizionali, la valle dove scorre l’omonimo torrente è uno scrigno di biodiversità. Qui troviamo un piccolo sito di interesse comunitario che svolge un importante ruolo nella conservazione di ambienti alluvionali e di piccole specie animali fra le quali il raro granchio di fiume. L’isolamento umano, vegetale e animale ha consentito la conservazione di habitat diversamente destinati a scomparire. Dopotutto ciò non sarebbe avvenuto se settecento anni fa un gruppo di Cerchi fiorentini della Compagnia di messer Bindo de Cerchi, cugino del più famoso Vieri, non fossero arrivati in questa terra preservandola dall’abbandono. Una storia antica dal sapore tragico che dall’Arno arriva in Val di Vara, sulle rive del Mangia, dove anche il piccolo e raro granchio di fiume continua ostinatamente a sopravvivere.

Nella foto particolare del borgo di Mangia con i caratteristici archi voltati 

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