NOVEGINA E FERDANA: UNA NATURA INTENSA QUANTO LA STORIA PARTE SECONDA - FERDANA E IL SENTIERO DELLA MARCHESA

 Novegina e Ferdana: una natura intensa quanto la storia.
Parte seconda – Ferdana e il sentiero della Marchesa

L’abitato è adagiato sulla piccola piana alluvionale creata dal canale Ferdana alla confluenza con il torrente Usurana, ai piedi del monte Carme di Garbugliaga, formato da poche case abbracciate le une alle altre, appoggiate sulla sponda dell’Usurana, sul quale si aprono gli archi dei suoi caratteristici criptoportici, una galleria le cui aperture portano luce alle cantine, alle stalle e ai fondi aperti sul lato opposto. I criptoportici di Ferdana sono molto originali perché il piano superiore della civile abitazione è raggiungibile attraverso una scala che si apre sul lato aperto del viale in pietra. Il paese è un circuito dentro al quale si snodano le abitazioni. Secondo lo storico lunigianese Ubaldo Formentini era un sistema di difesa, al centro del quale si alzava la casa gentilizia intorno a cui erano riunite le famiglie consanguinee che lavoravano sulla stessa proprietà. Il paese vanta una piccola cappella privata fatta costruire nel 1800 da don Antonio Pini, (1840-1901) che fu Rettore di Borseda, borgo dell’Alto Calicese.
Ferdana era il paese dei mulini e dei frantoi, con tre mulini per castagne e grano. I mulini dei Bertoni e dei Gabrielli erano molto ravvicinati fra loro: e pensare che un detto recita l’acqua passata non macina. Del mulino nei pressi del ponte del paese restano solo miseri ruderi coperti da rovi.
Intorno al 1920 un Pini allestì un pastificio, la cui pasta al momento della vendita veniva confezionata in bella carta paglia gialla, come quella dei macellai. I suoi successori ancora oggi sono detti “quelli del Pastaio”, per distinguerli da altri ceppi di Pini.
C’era un calzolaio in paese oltre al pipaio, un certo Gino, un toscano che si era trasferito a Ferdana con le sue due figlie. Le sue pipe erano molto apprezzate perché l’erica ha un quantitativo di tannini bassissimo, motivo per cui usando quel tipo di pipa il fumatore non percepisce alcun sapore amaro ed aspro; quel tipo di pipa durava nel tempo ed era resistente al fuoco. Da voci di paese sembra che Gino ne esportasse una parte destinata alla lontana Argentina.
Un’altra famiglia faceva la tinta cioè ricavava il colore da prodotti vegetali per tingere la lana, le scarpe e la stoffa. I vari colori erano ottenuti da decotti facendo macerare o bollire i vegetali quali bacche, cortecce, radici, spezie, frutta, e fiori. Colori erano estratti anche da cipolle, cavolo rosso, bacche di sambuco, mallo e foglie di noci, ricci e castagne, camomilla e foglie di fico.
In paese c’era anche la vecchia che toglieva il malocchio e l’orzaiolo pronunciando formule davanti a un piatto con olio, ago e filo curando le persone con l’utilizzo di decotti e tinture di particolari erbe. Tanti uomini, fino al 1970, erano boscaioli e carbonin cioè trasformavano la legna in carbone.
A destra, poco prima del ponte d’accesso al paese, inizia la mulattiera che porta a Forno e da qui all’alto Calicese al confine con Veppo, costeggiando per circa 1.500 metri il canale per poi attraversarlo e iniziare ad inerpicarsi sul fianco del monte. Questi sentieri ebbero un ruolo determinante durante la Resistenza, perché i boscaioli di Ferdana crearono grazie ad essi una valida copertura per il passaggio delle armi.
Lasciata Ferdana, proseguendo lungo la provinciale, tra il verde di robinie, ginestre ed erica ecco apparire l’austero maniero Doria Malaspina, erto sul sobrio abitato di Calice: sulla sinistra di una curva si intravede un sentiero. Un vecchio detto invita ad addentrarci: Sa se va e a se vien, a strada a se mantien. In fondo al sentiero il ponte della Groppa e di fronte ad esso la cappelletta con la maestà della Madonna del Ponte. La cappelletta fu restaurata dal parroco don Roberto Loni intorno al 1990 mentre il ponte fu oggetto di un restauro conservativo da parte del Comune più o meno in quegli stessi anni. La vecchia mulattiera è un’opera di pregio fatta costruire dalla marchesa Placidia Doria Spinola intorno al 1650. La Marchesa apportò importanti novità e innovazioni nella conduzione amministrativa del suo feudo di Calice, migliorando le condizioni di vita di una comunità avvezza ai sacrifici. Per cercare di condurre fuori dall’isolamento economico il feudo fece costruire mulattiere e mulini. La mulattiera che costeggia l’Usurana univa i paesi dell’Alto Calicese a quelli del fondo valle; inoltre, lungo il torrente, la Marchesa aveva fatto edificare un mulino a cui ne seguirono ben sette altri, realizzati da privati. Gli anziani ancora rammentano di un mulino detto della Signora.
La cappelletta era considerata luogo di devozione dalla gente del posto e dai viandanti. Gli anziani narravano che un losco figuro, una notte, avanzava lungo il sentiero della marchesa ma il suo cavallo non volle assecondare i loschi propositi e l’uomo indispettito, credendo che fosse l’immagine della Madonna a fermare l’animale, imbracciò il fucile e sparò alcuni colpi contro il sacro bassorilievo. Alcuni bimbi, anni dopo, estrassero alcuni pallini in piombo dalla candida pietra.
Nel 1638 gli abitanti di Castello di Calice , Terrugiara, Ferdana e Novegina esposero a Placidia Doria Spinola la difficoltà a raggiungere l’unica chiesa della zona, a Santa Maria. Nello stesso anno, nel Castello di Calice, fu ufficializzata la costruzione dell’attuale chiesa parrocchiale dedicata a S. Maria Lauretana.
Poco più avanti, in una curva della strada provinciale, prima di arrivare all’abitato di Castello, sul grigio della pietra viva del monte, spicca la lapide che ricorda alcune vittime del poderoso rastrellamento nel territorio di Calice avvenuto tra 8 e l’11 ottobre del 1944.
Sull’imponente castello Doria Malapina, reso ancora più bello da Placidia, sembra aleggiare lo spirito lungimirante della Marchesa: è un microcosmo dominato dalla imponente e austera sala consiliare dove hanno sede l’archivio storico comunale e il polo museale che spazia dall’arte all’antropologia, oggetto di un nostro precedente articolo.

Nella foto il borgo di Ferdana e in lontananza Novegina di sotto.


Tutti gli eventi