GOTTERO O GOTTERA?
UN TORRENTE E UNA VALLE DOVE SI FONDONO STORIA, TRADIZIONI E BIODIVERSITA’.
Parlando del torrente Gottero, principale affluente del fiume Vara, che scorre in Comune di Sesta Godano, dovremmo parlare più propriamente di “Gottera” al femminile, come sostengono qualificati studiosi di storia locale a iniziare da Ubaldo Formentini. Disquisizioni a parte, il territorio situato a monte della grande piana che ospita l’abitato di Sesta, è qualcosa di unico e particolare per storia, natura e tradizioni anche se purtroppo diviso in due distinte entità amministrative, Liguria e Toscana, nello specifico le province della Spezia e Massa – Carrara. La gente di questa terra, contraddistinta da un forte senso di comunità che va oltre gli steccati, abituata a guardare la montagna come elemento storicamente unificante, convive da millenni con un territorio fragile e delicato, difficile da modellare e per questo davvero unico. Possiamo definire questo rapporto, qui come in altre parti della Val di Vara, ancestrale perché ci riporta indietro nel tempo ai primi popolamenti liguri di altura, a un mondo agro-silvo-pastorale che viene da lontano e che anche qui resiste pur fra mille difficoltà.
Percorreremo tutta la valle, partendo per comodità dall’abitato di Sesta, sede comunale, moderna nel suo impianto urbano ma con testimonianze significative dell’originario insediamento, come dimostrano il piccolo nucleo all’interno del borgo, il ponte medioevale che attraversa il torrente Gottera e la chiesa di S.Maria Assunta e San Marco, rifacimento settecentesco della antica pieve di Robiano posta sua una collina di fronte all’abitato. Soffermiamoci un attimo sulla Plebs de Robiano, la più settentrionale delle pievi della Diocesi di Luni, una sorta di testa di ponte del potere temporale dei vescovi lunensi in alta Val di Vara. Il toponimo Robiano, documentato fin dal 1105 insieme alla chiesa, è da ricondurre secondo alcuni studiosi all’antico culto ligure delle acque mentre altri ricercatori propendono per un nomen romano; in epoca successiva il toponimo è trasformato in Roggiano. Per chi sale fino al nucleo abitato di fronte a Sesta dove si trova il sito della pieve rimarrà in parte deluso: al suo posto un edificio realizzato nel 1718 che dell’originaria chiesa conserva quasi nulla. Basta però volgere lo sguardo verso la montagna e immaginare lo stretto legame fra la pieve lunense e la valle della Gottera per capire il secolare rapporto fra questa chiesa e le comunità che da essa dipendevano, oggetto del nostro viaggio nel tempo.
Risolviamo, prima di risalire la valle, il dilemma: perché mai questo Comune ha due nomi, Sesta e Godano? Ce lo spiega Luciana Piazzi nell’interessante volume “Sesta Godano. Le terre, i confini, la storia” curato a più mani con Emilia Petacco e Sergio Chierici, edito nell’ormai lontano 1999 da Luna Editore per conto della amministrazione comunale. Alla metà dell’Ottocento la Val di Vara si presentava come un territorio economicamente povero, lontano dai profondi cambiamenti in atto. Con la costruzione dell’Arsenale militare alla Spezia e la nascita di numerose organizzazioni operaie e contadine soprattutto in Val di Magra la valle si viene a trovare in posizione marginale soprattutto per quanto riguarda le aree montane lontane dai traffici e commerci di fondovalle, come nel caso dell’originario Comune di Godano. “Mentre Godano tramontava, la Sesta nata in fertile valle, si sviluppava sempre più, finchè nel 1862 fu costruita la strada che la unisce a Carrodano… “così si racconta nel libro. L’amministrazione comunale, nella quale è già forte la componente di Sesta, nel 1863 avanza richiesta per ottenere la nuova denominazione comunale di “Sesta Godano”. Si dovrà attendere l’ottobre del 1875 per vedere accolta la domanda con il decreto del re d’Italia e il trasferimento del municipio a valle. Ma come si è arrivati alla unificazione di un territorio vasto come quello della Sesta? Bisogna fare un passo indietro e tornare al periodo napoleonico e alla nascita della Repubblica ligure con tre dipartimenti dei quali uno con sede a Chiavari. Nel 1797 il territorio è composto di tanti piccoli Comuni: quasi tutte le frazioni sono espressione di entità autonome compresa Torpiana ceduta poi al Comune di Zignago. Fra il 1803 e il 1806 Godano aggrega gli altri paesi compresa Sesta in un solo Comune che oltre mezzo secolo più tardi assumerà l’attuale denominazione.
Archiviate le curiosità storiche e la controversia fra studiosi circa l’origine del toponimo Sesta, prendiamo la strada provinciale che, staccandosi dall’arteria più importante che sale al passo del Rastrello, arriva ad Adelano. Ci immergeremo nella storia recente fatta anche di episodi tragici alla conoscenza dei piccoli borghi della valle Gottera: l’ambiente, salendo, è incontaminato e di rara bellezza.
Superato il bivio per Pignona che visiteremo successivamente arriviamo in breve all’abitato di Aiola diviso in due piccoli nuclei. Il castagneto secolare davanti al borgo merita da solo una visita alla riscoperta dell’antico mondo contadino come pure l’ampia corte fra le case. Poco oltre deviamo brevemente dal nostro percorso prendendo una stradina asfaltata che conduce in pochi minuti ad Aiola superiore e al santuario di Nostra Signora della Fontana, appartato in una ampia conca, risalente al 1450 con l’alto campanile e un dipinto di Madonna con bambino di scuola fiamminga. La fondazione della chiesa è legata alla apparizione della Vergine a una ragazza del luogo di nome Caterina Greppi, nei pressi di una fontanella.
Il viaggio prosegue per Chiusola e Orneto lasciando la visita di Antessio per il ritorno. La strada si inerpica lungo la montagna con alcuni ripidi tornanti superati i quali ci troviamo davanti il borgo di Chiusola appollaiato su un colle che domina il torrente, in origine castello documentato fin dal 1200 a guardia dell’antico percorso che portava oltre Appennino. Sulla facciata della chiesa di S. Michele e nell’edificio a fianco possiamo ammirare alcune sculture antropomorfe oltre a un portale di particolare pregio collocato lungo il fianco della stessa parrocchiale, datato fra l'VIII° e il XI° secolo proveniente dal più antico abitato di Chiesa. Una lapide semplice ma toccante nel contenuto ricorda il giovane sottotenente sardo Piero Borrotzu e il suo sacrificio nella lotta di Liberazione per salvare il borgo dalla distruzione e i suoi abitanti dall'eccidio. Piero era nato a Orani in provincia di Nuoro, figlio di Francesco e di Clotilde Di Bene, originaria di Vezzano Ligure. L’episodio avvenne il 5 aprile 1944 sul piazzale della chiesa del paese. Annualmente una delegazione di studenti delle scuole superiori di Nuoro arriva, accompagnata dagli insegnanti, per conoscere i luoghi dove Borrotzu combattè e morì fucilato, portando un pensiero anche al cimitero di Vezzano Alto dove riposa per sempre. Un bel gesto di solidarietà e di rispetto della memoria che ci auguriamo possa durare nel tempo.
Lasciamo Chiusola dopo aver visitato il borgo con i suoi angoli suggestivi, teatro annualmente di un presepe vivente che gli abitanti del paese organizzano con passione per far conoscere questo angolo di Val di Vara e la sua storia. Poco oltre l’abitato, a qualche centinaio di metri, si trova l’impianto ittiogenico della trota fario autoctona di ceppo mediterraneo, di proprietà della Regione Liguria, in attesa dopo decenni di totale abbandono di ripartire davvero. Quella della trota e dell’impianto di Chiusola è un’altra di quelle curiose vicende all’italiana legate in qualche misura alla soppressione delle Comunità Montane e al depotenziamento delle Province. Dopo anni di sacrifici da parte degli operatori della amministrazione provinciale e dei volontari, l’impianto è stato abbandonato a se stesso con il rischio concreto di compromettere la presenza stessa della nostra trota autoctona. Riprendiamo la strada realizzata sotto le pareti affilate della montagna arrivando in breve all’isolato santuario della Madonna della Penna proteso su uno sperone di roccia che domina la valle. L’ambiente è suggestivo e invita a un momento di riflessione ricordando l’originaria cappella che serviva di protezione ai viandanti che salivano ad Adelano e da lì nello Zerasco. Proseguiamo per il piccolo borgo di Orneto con il minuscolo oratorio del paese dedicato alla Vergine del Monte Carmelo. Val la pena a questo punto risalire ancora la valle e, superate Case Tosi, entrare … in Toscana. Siamo arrivati in Comune di Zeri nel comprensorio di Adelano: il cippo che ricorda il comandante Facio, Dante Castellucci, partigiano nativo della Calabria, è nel bosco accanto alla strada. La sua morte è stata per decenni immersa nella nebbia della dimenticanza, collocata fra gli episodi oscuri che hanno macchiato la Resistenza. Facio era un giovane comandante, capace, determinato ma politicamente “ingombrante”. Quando gli fu concessa la medaglia d’argento, in ricordo, al valor militare la vicenda fu presentata come un normale scontro fra tedeschi e partigiani, un conflitto a fuoco fra i tanti che caratterizzarono anche il territorio della martoriata Lunigiana. Storie che non vanno dimenticate per rispetto della verità storica e perché il mondo che verrà sia migliore di quello passato. Quella di Dante Castellucci, fucilato dai suoi commilitoni, rappresenta a distanza di decenni una pagina amara riportata alla luce grazie alla testimonianza e alla tenacia di Laura Seghettini, la sua compagna e ad alcune pubblicazioni che hanno recentemente chiarito la dinamica dei fatti e reso giustizia a Facio, l’eroe della battaglia del Lago Santo parmense, che riposa nel cimitero di Pontremoli.
Ripercorriamo a ritroso la strada che ci riporta a Sesta Godano non prima di aver visitato il borgo di Antessio e successivamente quello di Pignona. Il primo domina dall’alto la valle disteso lungo un carruggio principale con l’imponente mole di fronte a noi del monte Gottero. Dopo una piccola sosta alla fontana pubblica con lavatoio proseguiamo fino alla chiesa parrocchiale di S. Lorenzo che custodisce un interessante organo Agati del 1886 e un fonte battesimale del 1535. Tornati a valle si imbocca, facendo una piccola inversione a U, la strada per Pignona, centro agricolo noto per la produzione della cipolla dolce, qui coltivata in modo residuale grazie ad alcuni appassionati. All’estremità del paese la chiesa parrocchiale di S. Croce è costruita su un preesistente edificio del XIV secolo con Annunciazione in marmo di scuola lombarda.
Il viaggio volge al termine non prima di aver ammirato ancora una volta l’imponente Gottero, il monte amato dalle genti della Val di Vara, portandoci dentro le immagini dei borghi, le storie tragiche di Piero e Dante, giovani venuti dal Sud, ma anche il pensiero della nostra amatissima trota fario perché torni a essere presto la regina dei nostri torrenti. Come desiderava Walter Gallina, spezzino innamorato di questa terra, vigile custode della biodiversità, scomparso prematuramente e con lui tutti coloro che si sono prodigati in questi decenni perché un simbolo della nostra Val di Vara non vada perduto per sempre.
Nella foto panorama del borgo di Antessio