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PELOSA, ENCLAVE LIGURE IN TERRA EMILIANA
Avevamo programmato da tempo di parlare del piccolo borgo di Pelosa, in Alta Val Taro, appartenente al territorio comunale di Varese Ligure, enclave ligure in terra emiliana. L’occasione è ora venuta con l’inaugurazione, nel Museo Diocesano di Brugnato, della mostra “Benvenuti in Liguria” curata dal Museo Contadino di Cassego e dalla Associazione “S.Colombano” di Brugnato. Dobbiamo questa grande opportunità a don Sandro Lagomarsini, parroco di Scurtabò e Cassego, instancabile ricercatore e studioso del territorio, che non solo ha valorizzato le piccole ma significative opere d’arte dell’oratorio di San Pellegrino a Pelosa ma ha favorito la conoscenza di questa piccola comunità.
In questi giorni, grazie da un lato alla mostra con i sei busti in legno rappresentanti quattro papi e due vescovi, purtroppo non identificabili, recuperati grazie al lungo e sapiente lavoro dei restauratori della Soprintendenza genovese, dall’altro agli articoli apparsi sui quotidiani, non ultimo il ricco e autorevole contributo del professor Egidio Banti sul giornale on line Città della Spezia, la piccola enclave ligure in terra emiliana è uscita dal silenzio, diremmo quasi dalla marginalità. Detto con schiettezza Pelosa non è fuori dal mondo né agli antipodi della terra come qualche zelante intervistatore televisivo cerca ogni tanto di far credere agli ingenui ascoltatori! Ci troviamo in effetti in Val Taro a mezza strada fra Bedonia e Santa Maria del Taro, piccolo centro che non ha mai rinnegato le sue origini e tradizioni liguri. Pelosa è invece territorio ligure a tutti gli effetti anche se non esiste traccia nei cartelli stradali della appartenenza al Comune di Varese Ligure.
Ma cosa è venuto in mente a don Sandro nel titolare la mostra? Il “Benvenuti in Liguria” sembra quasi irriverente appena arrivati al cospetto dei busti lignei e dei due pannelli esplicativi, come se fosse una sorta di sfida degli eredi della Repubblica di Genova al Ducato di Parma. Conoscendo la storia di questo territorio che risale sinuoso fino al passo del Bocco dove si respira ligure, si comprende appieno come il titolo sia, nella sua forma sintetica ma eloquente, l’espressione di una realtà storica che ha permeato per alcuni secoli la montagna dalla Val di Vara alla Val di Taro. Pelosa è la porta di ingresso al territorio ligure, una sorta di piccolo avamposto ai piedi del fiume dal quale si risale oggi come allora al passo Chiapparino sull’Alta Via dei Monti Liguri. Il sentiero CAI 111 ripristinato alcuni anni orsono grazie alla sezione spezzina del Club alpino Italiano con l’aiuto di Marco Kirckeis dell’azienda agrituristica “Il Pellegrino” ricalca quasi fedelmente l’antico tracciato pedonale per Varese Ligure. Percorrendolo si comprende il ruolo e la funzione di questa mulattiera che con andamento sinuoso e senza grandi asperità risale la dorsale per arrivare sui grandi prati dove oggi come allora sono al pascolo mandrie di bovini, a rappresentare la quintessenza della valle del Biologico.
Il “Benvenuti in Liguria” richiama secoli di transumanza, la presenza di alcuni piccoli ospitali dove poter riposare durante i lunghi viaggi e oratori dove sostare in preghiera guardando dalle grate all’interno la Madonna e i Santi. Si giustifica così non solo l’interesse politico ma anche economico della viabilità storica in zone montane, che “…oggi considerate marginali, sono in quel momento - e lo saranno per alcuni secoli – zone di grande produttività. Oltre ai coltivi… ci sono vaste estensioni di pascoli aperti e di pascoli alberati”. Così nella sua relazione alla mostra don Lagomarsini sintetizza la particolarità di quel periodo storico con la presenza anche di una piccola dogana vicino all’ospitale dove pagare il pedaggio per il passaggio del bestiame che era in grado di raggiungere i venticinque mila capi all’anno come attestato dai registri tenuti dai Fieschi. Di transumanza oggi esiste ancora memoria fra gli anziani in questa parte di Appennino dove per fortuna l’allevamento soprattutto bovino è fortemente radicato e presente: basta percorrere l’Alta Via dei Monti Liguri per incontrare sotto il monte Ventarola nei grandi pascoli aperti animali in libertà. C’è qualcosa che fa parte qui come altrove del Dna della gente della montagna: semplice, di poche parole, all’apparenza diffidente, depositaria di tradizioni millenarie.
Tornando a Pelosa, quando nascono l’oratorio e l’ospitale? Don Sandro ha effettuato in questi anni ricerche approfondite e minuziose sugli archivi storici delle parrocchie, ad iniziare da Scurtabò consultando anche documenti, carte e mappe dell’Archivio di Stato di Genova. Ne scaturisce un interessante quadro di insieme che evidenzia come l’Alta Val Taro fu per secoli al centro di un lungo contenzioso fra le grandi potenze che si spartivano questo territorio montano, all’apparenza marginale, ma in effetti strategico per gli interessi politici ed economici in gioco. Lo scontro fra la Repubblica di Genova e il Principato di Compiano , Bardi e Borgo Val di Taro della potente famiglia filo imperiale dei Landi, che ressero le valli del Taro e del Ceno dal 1257 al 1682, andò avanti anche dopo la vendita del feudo ai Farnese di Parma.
Oratorio e ospitale nascono nel 1382 sulla collinetta che sovrasta il fiume Taro non lontano dal torrente Overara o Overario come risulta dai documenti. Gli studiosi sono concordi nel ritenere che l’anno sia quello in quanto nel mese di maggio visitano Pelosa due incaricati della Repubblica di Genova, Antoniotto Adorno che poco dopo sarà incoronato doge della Serenissima e Francesco Fieschi, appartenente alla nobile famiglia genovese. La carta redatta nel 1602 dal cartografo Cristoforo de Grassi mette in evidenza come le diatribe fossero all’ordine del giorno fra Genova e i Landi necessitando ancora definire parte dei confini di Varese Ligure che arrivavano anche allora fino al fiume Taro. Fu chiamato in causa, per sostenere le pretese della serenissima Repubblica, addirittura un manoscritto di Antonio Cesena, profondo conoscitore e studioso del territorio varesino, che nel 1558 aveva descritto in modo puntuale i confini. Nella carta De Grassi sono riportati i torrenti Overara, che prende nome dalla piccola località lungo le pendici dell’Appennino sul versante del fiume Taro accanto a Pelosa e Setterone che per la verità è situato più a valle verso Bedonia. Resti del ponte disegnato dal De Grassi e chiamato in dialetto “Ponton” sono ancor oggi visibili sul fiume Taro a monte del grande manufatto fatto costruire da Maria Luigia nel 1823 interamente in territorio parmense. Nel frattempo la nuova viabilità attraverso il passo di Centocroci consegna alla marginalità l’ospitale e finisce così il transito di animali e merci da e per la Val Padana.
Vogliamo prima di chiudere questa riflessione dedicata a Pelosa ricordare i fatti che videro protagonista la Brigata partigiana Centocroci con i sanguinosi scontri avvenuti l’11 luglio 1944 e che si protrassero alcuni giorni, contro le truppe tedesche. Queste ultime erano acquartierate nel grande edificio risalente al 1930 che oggi ospita l’Agriturismo “Il Pellegrino”. Numerosi furono i caduti fra i partigiani come ricorda la lapide collocata sulla strada provinciale sotto il borgo che abbisogna, e ciò dicendo ci rivolgiamo al Comune di Varese Ligure, di un urgente recupero per dare dignità a quei morti provenienti non solo dal comprensorio della Val Taro ma dall’Alta Val di Vara oltre che dallo dalla Spezzino. Il 24 luglio 1944 cade anche il Territorio libero del Taro creato dalla Resistenza nel giugno precedente. I tempi non erano ancora maturi per porre la parola fine alla guerra e numerosi furono i civili massacrati dai nazifascisti per rappresaglia sulla popolazione.
Una curiosità prima di chiudere. Da cosa deriva il toponimo Pelosa? Chiamiamo nuovamente in causa don Sandro che ha effettuato anche in questo caso interessanti ricerche. A suo giudizio, supportato dagli studi della compianta professoressa genovese Giulia Petracco Sicardi, docente presso l’Università degli Studi di Genova e insigne linguista, il termine deriverebbe dal latino “pluxia” che sta a indicare un invaso (tale si doveva presentare secoli fa la grande piana fra il rio Overara e il Taro) da cui “piùsa”, “peùsa” e infine “Perosa” o “Pelosa”. Forse non sarebbe male arrivando da Bedonia aggiungere alla cartellonistica stradale “Benvenuti in Liguria” e non certamente per fare anacronistiche guerre di campanile ma mutuando il titolo da quello correttamente usato da don Lagomarsini per la mostra di Brugnato. Perché la storia è bella e va conosciuta dalle persone al di là del dialetto parlato, sulla terra contesa per secoli fra Repubblica di Genova e nobili Landi prima e Farnese più tardi.
Nella foto l’edificio che ospita a sinistra l’oratorio di San Pellegrino. La parte a destra, occupata un tempo dall’ospitale, è di proprietà privata. L’auspicio è che possa essere acquisita dalla parrocchia di Scurtabò e Cassego per poter poi essere opportunamente restaurata.
MOSTRA “BENVENUTI IN LIGURIA”
Museo Diocesano di Brugnato
Apertura fino al 12 dicembre su appuntamento contattando i numeri 0187843005 o 3346161090 (quest’ultimo dopo le ore 17). Saranno a vostra disposizione don Sandro Lagomarsini e la dottoressa Luisa Cascarini, apprezzata archeologa e studiosa del territorio, ai quali va tutta la nostra stima e gratitudine. L’invito è quello di andare a visitare la mostra. Ingresso gratuito.