CERRETA. STORIA DI UN SANTO DI FERRO

 CERRETA. STORIA DI UN SANTO DI FERRO

Per salire fino a Cerreta, piccola e isolata località del Comune di Carro, è necessario inerpicarsi lungo una stretta e tortuosa lingua di asfalto che dal fiume Vara, all’altezza della confluenza con il torrente Gottero, risale la montagna lasciando in basso la provinciale per Varese Ligure. Per chi abita a Carro e nelle frazioni vicine la via si presenta invitante e meno aspra raggiungendo l’ampia strada che corre in un fitto bosco al termine del quale, oltrepassato l’Oasi delle suore Gianelline, ci si para davanti il piccolo santuario detto appunto della Cerreta, dove inizia la nostra storia.
Qui nella modesta casa di pietra di due contadini, Giacomo e Maria, posta non lontano dalla chiesa, nasce il 12 aprile 1789 Antonio Maria, accrescendo la già numerosa figliolanza . Il difficile parto con il quale viene dato alla luce ha qualcosa di miracoloso come tutta la vita di un uomo umile e generoso, dotato di grande cultura e di un’arte oratoria non comune.
Proclamato Santo il 21 ottobre 1951 da papa Pio XII, dal giugno del 2000 è anche il Patrono della Val di Vara, terra che egli amò intensamente. Ripercorriamo le principali tappe della folgorante carriera ecclesiastica vissuta dal Gianelli in un contesto particolarmente delicato della Chiesa che nell’estate del 1809 assiste al passaggio in valle di papa Pio VII condannato all’esilio in Francia per volere di Napoleone Bonaparte. In questo clima difficile crescerà il giovanissimo Gianelli mostrando da subito doti di grande equilibrio accompagnate da una forte determinazione.
Nel 1795 il piccolo Antonio Maria ha iniziato nel frattempo a frequentare la scuola parrocchiale di Castello distante da Cerreta alcuni chilometri che il Nostro compie quotidianamente a piedi scalzo. Le scarpe all’epoca erano davvero un lusso! Nicoletta Assereto, facoltosa proprietaria terriera divenuta anzitempo vedova, presso la quale il padre Giacomo lavora come mezzadro, è la prima a capire che il ragazzo ha grandissime doti decidendo di accoglierlo nella sua casa genovese dove appena diciottenne Antonio Maria è ammesso in seminario. Inizia così la folgorante “carriera” ecclesiastica del Gianelli ordinato diacono nel 1812 e nello stesso anno sacerdote: in questa veste celebrerà la sua prima messa nella amata Cerreta. Nel 1816 è già insegnante presso il seminario arcivescovile di Genova e poco più tardi è nominato arciprete a Chiavari dove si renderà protagonista di una serie di attività a carattere caritatevole che lo faranno ben presto conoscere oltre i confini locali.
Risale al 12 gennaio 1829 la fondazione, sempre a Chiavari, della Congregazione delle Figlie di Maria Santissima dell’Orto, dal nome della patrona della città, conosciute più semplicemente come Gianelline che oltre alla originaria missione di educatrici per l’assistenza alle ragazze abbandonate, si dedicano ad anziani, infermi e poveri. Caterina Podestà è la cofondatrice e prima Superiora generale delle Gianelline che dalla Liguria andranno progressivamente a sviluppare la loro attività caritatevole in tutto il mondo. Non pago il Gianelli fonda la Congregazione missionaria degli Oblati di Sant’ Alfonso nel 1838 e nello stesso anno viene nominato vescovo della diocesi di Bobbio a quel tempo compresa nell’Arcivescovado genovese e prestigiosa sede vescovile dal 1014. Muore a Piacenza, dove si era trasferito temporaneamente per curare la tisi, il 7 giugno 1846: su un modesto carro funebre trainato da cavalli il corpo è riportato a Bobbio accompagnato da due ali di folla che gli tributano l’ultimo saluto.
Vi raccontiamo un episodio miracoloso che lo vide protagonista durante la sua lunga permanenza a Chiavari. Il 25 agosto 1835 implora la grazia alla Madonna dell’Orto mentre divampa in Liguria il colera che si va diffondendo mietendo molte vittime: storie di pandemie che ciclicamente si ripetono e ci riportano drammaticamente all’attualità. Sfidando il contagio raccoglie in processione ben settemila fedeli portando a spalla il crocifisso nero venerato a Chiavari. Ad un tratto uno stormo sempre più numeroso di rondini inizia a volteggiare attorno alla croce: a poco a poco, nei giorni successivi, l’epidemia si arresta e consegna alla storia quel piccolo grande uomo venuto dalla Val di Vara. Della sua terra e di una infanzia difficile che ha sempre portato ad esempio Antonio Maria Gianelli ha nel dna passione, onestà ed una resistenza alle fatiche che gli faranno meritare il singolare appellativo di “Santo di ferro”. Della sua persona soleva dire “ Un prete ha due posti dove riposarsi: la tomba per il corpo e il cielo per l’anima”. Oggi riposa in pace nella austera cattedrale di Bobbio in una cappella a lui riservata, gesto di amore della gente della montagna piacentina che così ha inteso ricordarlo a futura memoria.
Qui a Cerreta il tempo pare essersi fermato, come cristallizzato. Quando il moderno viandante arriva alla casa del Santo il consiglio è quello di visitare in rispettoso silenzio questo luogo dove Antonio Maria giovinetto era intento alla lettura seduto sul ciglio di casa con la cucina annerita dal fumo: sotto, laggiù nella valle, il fiume scorre nella sua millenaria bellezza. Il rintocco della campana del piccolo santuario ci riporta alla quotidianità con le suore Gianelline in moto perpetuo, come il fondatore della loro Congregazione, intente a rendere bella e accogliente l’Oasi con le tante varietà di piante messe a dimora e l’orto che avrebbero certamente fatto piacere al Santo che col corpo è sicuramente a Bobbio ma con l’anima vigila paziente sulla sua Val di Vara fatta di tanti piccoli campanili.

Nella foto la casa natale del Santo Gianelli a Cerreta di Carro




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