L'INCREDIBILE STORIA DI GODANO E DEL SUO CASTELLO TRA FALSARI E VOGLIA DI LIBERTA'

 L’INCREDIBILE STORIA DI GODANO E DEL SUO CASTELLO TRA FALSARI E VOGLIA DI LIBERTA’

Quando nell’autunno del 2014 l’area del castello di Godano è riportata alla luce grazie a Neva Chiarenza, a quel tempo funzionaria della Soprintendenza ligure e ad una equipe di archeologi guidati dalla dottoressa Monica Baldassari, lo spazio si presenta abbandonato e ricoperto da rovi. A poco a poco in quello che era stato in epoca recente un orto e prima ancora, durante il Secondo conflitto mondiale, una postazione delle truppe tedesche con tanto di mitragliatrici, ricompaiono le grandi mura di un castello, il Castrum Godani, edificato lungo l’antica via che da Pontremoli conduceva al Genovesato. Una sorta di nido d’aquila a controllo della valle e punto di passaggio obbligato di una importante risorsa del tempo: il legname. Quella di rifornire l’arsenale della Serenissima era divenuta nel tempo una esigenza prioritaria per la necessità di costruire nuove e più veloci imbarcazioni; da qui la necessità di occupare i nodi strategici dell’entroterra, a quel tempo ricco di boschi dai quali prelevare legname pregiato.
Questo aspetto di particolare valenza economica unito alla posizione strategica del Castrum hanno fatto sì che nel corso dei secoli il castello abbia subito una continua evoluzione con un potenziamento delle strutture di difesa e cambiando sovente proprietario. Cerchiamo di capire cosa è in effetti accaduto.
Edificato nella prima metà del XIII secolo nel momento di grande espansione territoriale dei Malaspina e dagli stessi controllato tramite i Domini di Godano, a loro legati da vincoli feudali citati in un documento del 1222 quali titolari del diritto di taglio del legname locale, doveva rappresentare, nelle intenzioni dei marchesi, un presidio in funzione anti genovese lungo il percorso medioevale che da Pontremoli portava in Liguria. Il castello è classificato di seconda generazione risultando provvisto di una rocca poligonale e di una cinta muraria esterna a protezione degli edifici. Nel XIV secolo il complesso è oggetto di interventi migliorativi che interessano la rocca e il sottostante abitato.
In origine proprietà malaspiniana il feudo passa dapprima ai Fieschi e nel 1273 a Genova. Nel 1326 viene acquistato da Pontremoli per tornare poi ai Malaspina dello Spino secco di Mulazzo. Fra il 1524 e il 1526 avvengono alcuni episodi decisivi per le sorti del castello. La popolazione di Godano, stanca dei continui soprusi di Alessandro Malaspina, si ribella rendendosi autonoma e accordandosi con Sforzino Sforza, governatore di Pontremoli, per il controllo dell’antico feudo. Sforzino fa demolire il castello, il marchese è ucciso ma l’autonomia della gente di Godano dura fino al 1526 quando i Genovesi prendono possesso del territorio creando sulla sommità della collina, dove prima si trovava il complesso fortificato, un punto di avvistamento. L’arrivo della Serenissima Repubblica è accolto favorevolmente dalla popolazione che seguirà da quel momento in poi le sorti di Genova.
Il castello o meglio quel che restava dopo la distruzione è presto dimenticato e al suo posto nasce in tempi recenti anche un orto. Nel 2014 il Comune di Sesta Godano, dopo aver acquistato il terreno, avvia un progetto di radicale recupero del sito che sarà concluso nel luglio 2015. La campagna di scavi, condotta dalla dottoressa Baldassarri e dai suoi collaboratori, ci restituisce i resti di imponenti mura perimetrali in buono stato di conservazione costruite con materiali di ottima fattura.
Ma come spesso avviene anche i castelli riservano sorprese, dai fantasmi ad scoperte davvero sorprendenti. Nel caso di Godano, a parte il camminamento interno che consentiva di raggiungere in sicurezza l’abitato sottostante, c’è una storia che merita di essere raccontata ed è quella di una Zecca clandestina che coniava monete false, ospitata all’interno delle mura, fuori da occhi indiscreti, voluta o quanto meno favorita dai Malaspina. Gli archeologi hanno individuato il punto preciso della Zecca, di cui non esiste traccia nei documenti ufficiali dell’epoca, accanto al luogo dove si trovava la cisterna. Le monete rinvenute sono di buona fattura in rame ricoperto da un sottile strato superficiale di argento che si confondono molto bene con gli originali, fra i quali quelli in uso a quel tempo in Toscana e nel Ducato di Milano. Il materiale ritrovato mostra una grande capacità di contraffazione da parte dei falsari che svolgono in tranquillità il loro lavoro con la probabile complicità del marchese. A quel tempo contraffare monete ufficiali era un crimine grave sanzionato in modo fermo e deciso. Fu quella, con ogni probabilità, la causa vera della distruzione del castello per porre fine al mercato di monete false.
Dobbiamo ringraziare gli archeologi per il paziente lavoro che ha consentito al castello di ritornare alla luce con le fondamenta di un tempo, sopravvissute alla distruzione di Sforzino Sforza, ma soprattutto per averci fatto scoprire una Zecca clandestina. Il ritrovamento ha rappresentato, ne siamo certi, per gli archeologi che hanno lavorato in modo egregio a Godano un motivo di grande soddisfazione professionale e per noi una scusa in più per visitare il borgo e ciò che resta della rocca fantasticando sui falsari. Chissà che guardando attentamente non si trovi qualche patacca d’argento dimenticata durante la precipitosa fuga dal castello dei falsari, scampati alla furia distruttrice di Sforzino. 

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